STORIA
Il Santuario di
Gibilmanna si trova nel territorio e diocesi di Cefalù in
provincia di Palermo. Esso sorge a ridosso del Monte sant’Angelo
ad una altezza di 800 metri sul livello del mare.
Il nome Gibilmanna
sembra derivare dall’espressione araba “Gibel el Iman” Monte
della fede.
Esso era all’inizio un
monastero Benedettino, fu abbandonato nel secolo IX durante
l’invasione dei saraceni e si rovinò completamente per la
mancanza di manutenzione. Sopravvisse la chiesetta grazie
all’intervento di devoti.
Nel 1228 Arduino II,
vescovo di Cefalù eresse Gibilmanna a beneficio ecclesiastico
con il titolo di Priorato. I priori si succedettero fino
al 1535, anno in cui la chiesa fu ceduta al nascente ordine dei
Cappuccini.
I Cappuccini sulle
rovine dell’antico monastero benedettino costruirono sei stanze
aggiungendo accanto delle casupole per il refettorio e le
officine.
Nel 1619 iniziarono i
lavori per la costruzione della nuova chiesa che fu ultimata nel
1624 e l’anno dopo fu completata la cappella della Madonna.
Da allora sono stati
apportati moltissimi cambiamenti e nel 1760 la statua marmorea
della Vergine fu incoronata dal vescovo di Cefalù con le corone
d’oro mandate dal Capitolo Vaticano.
Il rifacimento della
facciata risale al 1907.
Il 7 settembre 1927,
in occasione del VII centenario della morte di San Francesco fu
inaugurato il suo monumento, opera dello scultore palermitano
Francesco Garufi. In quella occasione fu risistemato il piazzale
con un sistema di scale progettato dall’architetto Misuraca.
Nel dicembre 1954 il
papa Pia XII, con una Bolla, dichiarò la Beata Vergine Maria,
sotto il titolo di Maria Santissima di Gibilmanna, celeste
Patrona presso Dio di tutta la diocesi di Cefalù e protettice
della città di Cefalù.
L’8 settembre è fissata la festa di Maria SS di Gibilmanna anche
se essa viene festeggiata nella prima domenica del mese di
Settembre.

L'ARTE

L’opera più antica che si conserva nel Santuario è
l’affresco della Madonna con il bambino, di autore ignoto,
appartenente alla vecchia chiesetta benedettina. Essa fu
segata dal muro e collocata nella cappella della Madonna,
ove tuttora si trova alla sinistra della statua di Maria.
La chiesa è ricca di
reliquie e quadri tra cui il bellissimo “ecce Homo” dipinto da
P. Sebastiano da Gratteri utilizzando succhi d’erbe e di fiori
quando volle riprodurre l’immagine di Cristo vista
miracolosamente nell’Ostia durante la celebrazione della messa.

A
destra vi è un antico crocifisso di legno, forse del tempo
dei benedettini.
La leggenda vuole che abbia parlato a P.
Ivone da Messina dicendo: “ qui governa mia Madre, a lei
rivolgi le tue preghiere per i bisogni della famiglia”.

Sull’altare maggiore
vi è un grande dipinto dell’Assunta di autore sconosciuto, vi fu
collocato nel 1623.

Sulla sinistra della
navata centrale vi è la cappella dedicata al Sacro Cuore
ultimata nel 1917.

Dietro all’altare
maggiore vi è la bellissima custodia in legno scolpito che è
tipica delle chiese francescane.

Pregevole e di grande
fascino è il quadro di Fra Felice da Sambuca, ora conservato nel
refettorio del convento.
L’opera più bella è il
simulacro marmoreo di Maria Santissima Regina del Paradiso con
il suo ricchissimo trono. La statua a grandezza naturale fu
realizzata da Antonello Gagini o dalla sua scuola e fu fatta
trasportare a Gibilmanna dall’eremita Giuliano da Placia.
Nel 1785, i religiosi
vi innalzarono un trono in stile barocco che era stato costruito
per la cattedrale di Palermo da Baldassarre Pampillonia. Esso è
costituito da tre ordini: pilastri, colonne e nicchia. Alla
mensa dell’altare è addossato un antialtare ad intarsio ricavato
da un’unica tavola di marmo bianco i cui incavi sono ripieni di
rarissimi marmi variopinti. L’autore, Antonio Perticone Marano
da Palermo, volle simboleggiare in esso Cristo Redentore.
Cliccando
sull'immagine ne appare il particolare ingrandito.


LA LEGGENDA
Si narra che nel
piccolo porto di Roccella approdò una nave che trasportava tre
statue raffiguranti Maria SS.ma.
L’Eremita Giuliano da
Placia, disceso dalla montagna di Gibilmanna, scelse una
di esse per la sua chiesa ma il comandante non volle dargliela
perché, disse, era già stata venduta a un cardinale. L’eremita
predisse che la nave non si sarebbe mossa dal porto finché egli
non avesse avuto la statua. Dopo diversi giorni il
capitano constatò che la nave non poteva prendere il largo così
decise di cedere la statua all’eremita e solo allora poté
ripartire.
La statua fu messa su
una lettiga tirata da due mule ma tutte le chiese dei paesi
vicini reclamavano per sé la statua ormai considerata
miracolosa, l’eremita allora lasciò libere le mule di andare a
loro piacimento. Esse dopo due prime soste si fermarono
definitivamente a Gibilmanna.

IMMAGINI DEL CONVENTO

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